Confini

Nel verde di un tramonto impossibile, ferma sul limitare del bosco, volgo lo sguardo intorno in un ultimo addio, quando avrò varcato le soglie dell’Autunno non ci sarà ritorno.
Così resto un momento ancora a contemplare i colori del mondo che sto lasciando per sempre, in questa strana sera in cui, per l’ultima volta, ho visto il gabbiano volare.
E ripenso i sogni e le speranze che neppure al cuore osavo confessare, e rivedo il dolce sguardo ed il triste sorriso che furono luce ai miei giorni e calore alle notti.
Dall’interno del bosco la voce morbida e pura dell’amico di sempre mi chiama a raggiungerlo, ma ancora non posso: quando imboccherò il sentiero che porta a lui dovrò lasciare qui ricordi e speranze e non sono pronta a farlo, non ancora almeno, anche se miei sono gli incantesimi che sigilleranno per sempre gli accessi.
Voglio sostare ancora un poco qui, sul confine tra dolore ed oblio e lasciare che il cuore batta un’ultima volta al pensiero del gabbiano che vola, quel gabbiano bellissimo sulle cui forti ali avrei voluto volar via per sempre.
Avrei voluto… ma non se ne accorse mai, né mai permisi ad alcuno di dirglielo; così ora è volato via recando un’altra con se, ignaro del dolore come lo fu della gioia, ed ancora una volta le mie labbra non hanno pronunciato parole, mentre il cuore piangeva in silenzio la morte del sogno.
Ma come potevo parlare? Come potevo distruggere la felicità che finalmente vedevo nei suoi occhi? Con che cuore avrei potuto infrangere quella gioia serena sul suo viso? Ed ho taciuto.
Una volta di più ho taciuto e, gettato un ultimo sguardo al bosco e a queste terre è partito. Il mio splendido uomo che sempre vidi come un gabbiano dal bianco piumaggio e dal volo sicuro
L’ho lasciato partire augurando sole ai suoi giorni e vento alle sue ali mentre il cuore moriva, ho lasciato che andasse verso il calore e la luce che ben gli si addicono e accanto a me, silenzioso e stupito, il mio elfico amico scuoteva il capo senza parole.
Le ha trovate poi le parole da dirmi, e tante anche, parole di stupore e rimprovero, lui che mai prima le aveva usate.
Che follia è mai questa? Quale incantesimo ti ha stregato la mente? Cedi così? Non lotti, non reagisci? – Il bel viso acceso dalla furia mi fissava quasi sgomento – Ma deciditi infine, parlagli, non farlo andare. Puoi ancora richiamarlo a te se vuoi, lo sai.
Ma le mie labbra sono chiuse per sempre e non ho risposto. Ha continuò a lungo, tentando invano ogni strada, è stato dolce come il tramonto e scatenato come vento impetuoso, ha ordinato e supplicato, facendo appello alla ragione ed al cuore; infine, stanco, ha ceduto al mio silenzio.
Che farai allora? –e la sua voce d’argento era incrinata –Come pensi di vivere da domani con lui perso per sempre?!
E mi ha lasciato, svanito lungo il sentiero, e gli alberi lo hanno nascosto alla mia vista . Ora è tornato e mi richiama a se, vuole che lo raggiunga nel caldo cerchio della nostra gente e, mentre chiama, scruta attento le ombre intorno : che nessun pericolo arrivi a minacciarmi.
E’ sempre stato così con lui, sempre da che lo conobbi in un giorno di sole di un’altra era, guardiano silenzioso e attento ai miei vagabondaggi, amico sempre pronto, compagno discreto alle mie gioie ed ai dolori, solo depositario degli affanni nascosti del mio cuore.
E’ tempo ormai che lo raggiunga, tempo che lo rassicuri, ma ancora non mi decido, temo che il mio gabbiano abbia raccolto un peso troppo grande, che la sua felicità di oggi possa presto mutarsi in nuova pena.
Ho scorto qualcosa di non chiaro in quell’ultimo istante prima che spiccasse il volo, una strana sensazione di ambiguità ed ho paura per lui.
Se sigillassi ora anche quest’ultimo passaggio chiuderei, è vero, il dolore fuori dai confini, ma gli negherei per sempre la possibilità d’un rifugio se, anche stavolta, la vita dovesse ferirlo. E questo non posso farlo : troppo grande è l’amore che gli porto.
Meglio lasciare aperta questa via. Certo così il dolore non sparirà del tutto, ma lui potrà tornare se vorra, percorrere il sentiero che ben conosce e rifugiarsi tra noi per guarire.
La voce lontana del del mio dolce amico diviene impaziente, meglio raggiungerlo, meglio recarmi con lui al salone del fuoco ad ascoltare i canti, lasciando la mia lampada accesa su quest’ultimo confine, e tornare ogni sera ad accertarmi che non si spenga, così che se il compagno dei miei sogni dovesse giungere di notte possa trovare subito la strada, poiché ora so con quasi inesorabile certezza che per lui non è ancora giunto il momento della serenità ed il mio cuore ora porta anche il dolore della sua pena futura.
Ed ancora non mi decido. C’è qualcosa nell’aria, qualcosa di vago e indefinito che trattiene i miei passi.
Di nuovo, e non so perché, trono a scrutare le ombre e faccio un cenno all’elfo alle mie spalle perché attenda. Non mi sbagliavo! C’è davvero qualcuno oltre noi : un’ombra vaga, una voce lontana che ben conoscevo un tempo e che mi è facile capire ora
Lasto beth nin vanimelda – il mio sire? Qui? – Attendi con fiducia e sii per lui un’amica preziosa quando tornerà.
E’ tanta la sorpresa che a stento riesco a reagire inchinandomi al mio maestro.
Mio signore, tu qui!

E vorrei continuare, ma un gesto della sua mano mi blocca e riprende a parlare mentre i suoi saggi occhi catturano i miei ed aprono la mia mente alla comprensione
Non qui, non qui davvero cara amica, ma il tuo bisogno era grande ed ho varcato il mare per portarti la luce.
Ascolta ora, e ricorda: egli ritornerà! Presto lo rivedrai ed avrà bisogno di pace per guarire.
Aiutalo, soccorrilo con l’ausilio del cuore, ma non lasciare che il tuo cuore parli, non rivelargli l’amore che provi perché nuovamente dovrai lasciarlo andare. – Quanta dolce malinconia v’è nel suo sguardo – Più di questo non vedo, né m’è concesso dirti amica mia, ma la vostra amicizia, quella sarà per sempre.
E svanisce nell’aria da cui è giunto.
Dunque sarà così…il mio sire lo ha detto e lui non sbaglia. E sia! Farò come mi chiede il mio signore, lo accoglierò da amica e gli darò l’aiuto che verrà a cercare, e il cuore tacerà di nuovo le parole d’amore: che resti l’amicizia almeno!
Ora posso andare infine, ora posso più serenamente raggiungere il salone del fuoco e li aspettarlo fin che non torni: la lanterna appesa al ramo del giovane faggio all’inizio del sentiero gli indicherà la strada e tornerà.
Così ritorno entro i confini dell’Autunno e prego Manwe pietoso “Che non soffra troppo, che lievi siano le ferite del suo spirito. ” e chino il capo e m’avvio verso il domani che viene.

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